Michele Serra: La scimmia nuda in pelliccia, un mito sconfitto dal clima

10 Dicembre 2007
Quando ero ragazzino, a Natale sul lungomare di Sanremo passavano le sciure lombarde e le madamin piemontesi blindate dentro grosse pellicce, pochi visoni per le poche ricche, qualche raro leopardo per cafonissime mantenute o simil-soraye aspiranti al jet-set, e una moltitudine di tristi "castorini" per i plotoni di madri di famiglia piccolo-borghesi dai lombi forti che scendevano in Riviera per vedere l'effetto che fa. Con una punta di allegro classismo, gli adulti di famiglia mi facevano notare le fronti imperlate di sudore di tutte quelle militanti del benessere, che pur di sfoggiare la pelliccia sfidavano i quindici gradi e rotti di quei Natali rivieraschi, che sono da sempre quasi primaverili. E si scioglievano come coni gelati dentro quelle cappe torride, che solo a vederle mettevano tenerezza per quanto incongruo era il loro uso. Mancava, all'epoca, una qualunque sensibilità animalista a proposito di quel pelo. La pelliccia era piuttosto l' oggetto di una diffusa e bonaria satira sociale, con robuste venature anti-femminili, figurava nelle barzellette e negli sketch dei comici come tipico feticcio delle signore che volevano mostrarsi in ascesa, il marito ostentava la cilindrata della macchina e "la sua signora" qualche metro quadrato di bestia assortita, raramente esotica, frequentemente conigli o toponi indigeni, con tanto di leggende pre-metropolitane che attribuivano il misterioso astrakan al barboncino, allora prediletto dalle signore anche da vivo. Poi credo sia cambiato il clima, non tanto e non solo quello meteo, anche il clima sociale. Gli anni Settanta, con tutti i loro difetti, non sono passati del tutto invano. A parte le varie asperità animaliste, con tutte quelle gabbie aperte e quei poveri mustelidi dispersi per la triste Padania a finire sotto le macchine, l'abbigliamento è diventato in genere meno pomposo, meno gerarchico, più casuale. E più funzionale. Piumini di ogni consistenza e prezzo, materiali nuovissimi, fanno le veci della pelliccia in molti guardaroba, se vogliamo fin troppo trascurati e rassegnati al sintetico. L'ansia sociale, anche quella femminile, si indirizza verso altre mete, e per esempio la chirurgia estetica farebbe pensare che l'accanimento sadico contro gli esseri viventi si stia lentamente trasferendo dagli ocelot, dai visoni e dagli ermellini all' uomo. Sullo stesso lungomare di cui sopra, lo stesso sguardo divertito che un tempo si rivolgeva alle goffe silhouette delle impellicciate, oggi lo si rivolge alle rifatte, ai loro assurdi lineamenti egizi, a certi nasi che la pelle tirata mantiene tesi come corde di chitarra, e puntuti come pungiglioni. Sì, si vedono in giro meno pellicce, ultimamente, gli inverni meno rigidi hanno aiutato i ripensamenti, favorito le ristrutturazioni dell'estetica. La leggerezza sembra un pochino meno lontana, come idea, molte pellicce sbucano dagli armadi o dai caveaux quasi come una citazione dei (bei?) tempi andati. In Liguria, e suppongo anche altrove, i molto citati nuovi ricchi dell'Est arrivano in parecchi, con pile di carte di credito grosse come mazzi di carte, ma perfino le loro donne sono meno impellicciate di quanto si potrebbe supporre, almeno quando sbarcano nei nostri climi che a loro devono parere quasi tropicali. La pelliccia, eccettuati i picchi di eccentricità o di lusso, le prime scaligere, i cenoni per superabbienti, sta tornando a essere quello che è dai tempi dei tempi, un capo d' abbigliamento etnico, ancestrale, nordico, la scimmia nuda che impara a coprirsi con il pelo delle altre bestie. Ampiamente surrogata, nell'abbigliamento di massa, dall'industria tessile e chimica, dai manufatti moderni. Non si vede neanche più la mitica pubblicità Annabella con Alain Delon, che fu un must degli anni Ottanta, quelli dell' ultimo e ingordo boom, in televisione era ovunque, la pelliccia oggetto comune come un sapone o un aspirapolvere, la pelliccia per tutte, e rateazioni per ogni tasca. Non so come sia messo il mercato, ma la pelliccia in quanto mito sociale, involucro risolutivo per le signore amate e ben protette, non c' è più. Tanto che nessuno, sentendo in televisione Cetto Laqualunque (Antonio Albanese) che invoca ‟chiù pilu pe' tutti”, più pelo per tutti, rischia di equivocare. Il pelo di cui si parla è certamente di origine umana.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …