Vittorio Zucconi: Usa. Il potere della generazione Zeta

18 Dicembre 2007
Siamo ben oltre il famoso complesso di Peter Pan, del quarantenne resta aggrappato all’abbigliamento e ai tic dell’adolescenza. Sospinti dall’uragano della chimica, della farmacologia, della chirurgia, gli adulti assai maturi sconfinano in territori che un tempo a loro erano praticamente proibiti, o innominabili. L’ultima grande inchiesta nazionale sulla sessualità, condotta quindici anni or sono dalla Chicago University, arrestava le ricerche al 59esimo anno, considerando quell’età come l’ultima frontiera dell’amor carnale. La prossima, quando sarà condotta, dovrà allargare parecchio l’obbiettivo: secondo i nuovi studi della stessa università, il 53% delle persone comprese fra i 65 e i 74 anni lo fanno ancora e un ottantenne su quattro ci prova, una statistica che susciterà l’orrore di ogni figlia o figlio. Chi considera l’Europa come il ‟continente vecchio”, nella sciagurata definizione del vice presidente Cheney che si permise di emettere sentenze di senilità avendo sulle spalle 66 anni, quattro infarti e un pacemaker, nel quale le nuove generazioni faticano a farsi largo, può guardare allo schieramento dei candidati alla prossima Casa Bianca. Escluso il ragazzo di Chicago Barack Obama, praticamente un fanciullo con i suoi 46 anni, e il giovanissimo reverendo ex governatore repubblicano Mike Huckabee, appena 52enne, la formazione in campo è dominata da sessantenni, come Hillary Clinton (60), Rudi Giuliani (63), Fred Thompson (65) o settantenni come John McCain (72). Il record di Ronald Reagan che sembrava inavvicinabile, essendo entrato alla Casa Bianca a 69 anni, non è destinato a durare a lungo. Ma se in politica la sentenza degli elettori, almeno in una democrazia che si fa meno ipnotizzare dal maquillage e dai trapianti di follicoli, impone qualche rinnovamento, è nel potere dell’economia, della finanza, dei media il luogo dove questa ‟Generazione Z” ha piantato la bandiera. L’australiano da tempo americanizzato Rubert Murdoch, signore e padrone di televisioni, periodici e quotidiani su scala globale, dall’Italia all’Oceania, si è regalato il quotidiano economico più autorevole del mondo, il Wall Street Journal, per festeggiare i suoi 70 anni. L’imperatore riconosciuto degli investimenti di Borsa Warren Buffet, detto ‟l’Oracolo di Omaha”, la sua città natale, smuove a quasi 78 anni un portafoglio di investimenti superiore ai 300 miliardi di dollari all’anno, ne ha 58 di suoi e si fa pagare da ricchi babbei giapponesi, cinesi ed europei l’onore di fare colazione con lui 200 mila dollari, che poi gira in beneficenza. Ride quando lo racconta, ma fuori dal suo ufficetto nel Nebraska, dove si ostina a risiedere, c’è la fila. Tribunali e centri di assistenza segnalano che il fenomeno dei maschi ancora sessualmente attivissimi in età dove prima soltanto qualche fenomeno alla Picasso, Bertrand Russel o Chaplin si avventurava e oggi chiunque può battere arrancando sulle stampelle del Viagra, sta producendo una generazione di bambini figli di anziani, di orfani prematuri, che non possono contare sul padre naturale molto a lungo. Con apprezzabile autoironia, il senatore democratico del Connecticut, e candidato presidenziale anche lui, Chris Dodd, che a 64 anni ha una figlia di 18 mesi dice: ‟Sono uno dei pochi uomini al mondo che riceva contemporaneamente i cataloghi dei succhiotti e la pubblicità della colla per le dentiere”. Ma la generazione dei ‟figli dei Viagra” è una delle grandi incognite sociali e demografiche del XXI secolo. Poiché la legge non permette né di espropriare i miliardari come Buffet del proprio potere finanziario (terzo al mondo per ricchezza) né di obbligare alla pensione i legislatori eletti (non esiste limite di rielezione per i parlamentari americani) giovani e giovani adulti, quelli che ancora si autodefiniscono ‟ragazzi” magari alle soglie degli ‟anta”, vorrebbero sperare nel mondo della comunicazione e dell’intrattenimento. Ma anche qui i ‟lupi grigi” non mollano. I grandi di Hollywood, quelli che sembrano sempre ragazzi, hanno passato i sessant’anni, come Martin Scorsese (da un pezzo), Steven Spielberg e il coetaneo George Lucas, mentre Francis Coppola comincia a intravvedere i 70. La figura più venerata è quella di Clint Eastwood, che ancora dirige, produce, recita e compone pure musica a quasi 77 anni e persino sex symbol come Robert Redford, settuagenario e Richard Gere, nato nel 1949, avrebbero maturato la pensione. Gli Oscar, l’occasione annuale in cui il cinema premia sé stesso, somigliano sempre più alla ‟festa annuale di Villa Arzilla”, disse il comico e presentatore Bill Kristal. E 60 anni ha l’adorabile presentatore satirico David Letterman che gioca ogni sera a fare il ragazzaccio irriverente. Lo show radiofonico più ascoltato, con 22 milioni di fedeli quotidiano, porta la firma del giornalista Paul Harvey, da poco felicemente novantenne. Il principe delle interviste televisive, Larry King della Cnn ne ha compiuti 73, mentre la principessa del video, Barbara Walters ha 78 anni. Neppure l’universo del ‟rock” e del ‟pop”, nominalmente regno dei giovani e giovanissimi, si salva dalla voracità dei vecchi lupi. Con i loro sessant’anni scaduti da tempo, i Led Zeppelin hanno estorto prezzi da riscatto di re, per il loro concerto a Londra la scorsa settimana, sir Mick Jagger porta trionfalmente in tour i suoi scheletrici 61 anni, Robert Zimmermann, in arte, Bob Dylan pubblica album nuovi a 66 anni mentre sul mondo della musica si aggira sempre l’incubo dell’ennesima rentree della sessantacinquenne babbiona Barbra Streisand. Incredibilmente, anche Bruce ‟the Boss” Springsteen è prossimo ai 60 anni. Dunque questa ‟generazione Z”, questa leva di re leoni e qualche rara leonessa come la Clinton - poche donne, perché il potere resta tra le zampe degli ‟adulti bianchi” più ci si avvicina al vertice e un Viagra che restituisca la fertilità e l’illusione della giovinezza alle femmine ancora non è stato inventato - è, anagrafe alla mano, proprio quella che nel ‘68 ammoniva nei campus a non fidarsi dei ‟vecchi trentenni”. Non sapevano che erano loro la generazione di cui sarebbe stato meglio non fidarsi.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …