Michele Serra: L'amaca di domenica 27 aprile 2008

30 Aprile 2008
Ho passato il 25 aprile nelle Langhe. Piccola e intensa manifestazione di ex partigiani in una palestra scolastica in cima a un poggio, sopra un mare ben pettinato di vigna, nel cuore del Barbaresco. Facce di popolo, osterie, vino, chiacchiere, dialetto, senso profondo di comunità. Radici antiche affondate tra le case e le vigne, nei posti di Bartolo Mascarello, re del Barolo e ostinato antifascista, di Nuto Revelli, Fenoglio, Bocca, Carlo Petrini. Al posto della macchia selvatica e dei borghi poveri che nascosero i partigiani, l’evidente e non troppo straniante benessere dei filari di vite preziosa, dei casali capienti e imborghesiti, dei ristoranti gremiti e lussuriosi, del turismo ricco che arriva in Langa per gratificare i sensi.
Gian Maria Testa cantava, sul palco insieme a lui abbiamo letto passi di Bocca e Meneghello, le parole della memoria e della dignità. I vecchi partigiani – quelli rimasti – avevano il fazzoletto tricolore al collo. Quello che mi sono chiesto, tornando a casa, è come mai questa storia di popolo e di libertà (in un paese che non ha molte altre epopee da raccontare) è stata difesa così distrattamente, e forse così malamente, da noi figli e nipoti. Troppi soldi? Troppa vita da vivere? Troppe altre cose da fare? Troppo il tempo che passa, e passando cancella anche il sangue?

Tutti i santi giorni di Michele Serra

Scrivere tutti i giorni, per anni, usando il materiale che la cronaca, la politica, il costume ci rovesciano addosso a ritmo forsennato. Scrivere cercando di rifare un poco di ordine, di ridare un minimo di significato alle notizie, agli umori pubblici e privati, alle proprie reazioni. Scrivere com…