Vittorio Zucconi: Presidenziali USA. Il ballo dei fantasmi

08 Settembre 2008
Benvenuti alla Convention che non c’è, "welcome" al congresso degli uragani, dovrebbero annunciare gli striscioni che ci accolgono all’aeroporto del Minnesota, a questa tesa veglia di Gustavo e Hanna. Le due tempeste hanno investito il carrozzone del congresso repubblicano ribaltandolo come una di quelle roulotte che volano via nei tornado e hanno sconvolto la festa. I congressisti che stanno comunque arrivando, perché ormai avevano pagato per biglietti e alberghi, possono consolarsi con i sondaggi che hanno premiato la scelta della grande cacciatrice bianca di renne, della governatrice dell’Alaska, Sarah "Zanna Bianca" Palin e hanno riportato McCain lievemente davanti a Obama in uno di loro. Ma il Luna Park repubblicano che avrebbe dovuto far dimenticare il Barnum democratico, è a pezzi, sbrindellato dal vento di un uragano che soffia a quasi due mila chilometri da qui, sulla costa del Golfo attorno a New Orleans. «Siamo tutti americani, non più repubblicani» spiegava ieri sera McCain per consolare i delegati repubblicani arrivati a una festa divenuta una veglia d’ansia, nel ricordo del disastro umano e politico di New Orleans 2005. «Pregate». Si prega sempre molto, nelle Convention dei repubblicani. Ma se i messalini e le bibbie abbondano, non ci sono in compenso più agende, programmi, discorsi e orari sicuri, oltre l’inizio di oggi, imposto dalla procedura legale necessaria per votare l’inutile «programma» di partito, la «piattaforma», e poi eleggere fra tre giorni il candidato e la sua ruota di scorta, in questo caso John McCain e Sarah Palin, che tanto piace al popolo di Dio, Petrolio, Schioppo e Famiglia e ha una forte esperienza di amministrazione pubblica, perché fu sindaco di un paese di 8 mila abitanti e ha conoscenza diretta di strategia internazionale «perché il suo stato, l’Alaska, confina con la Russia», come ha spiegato Cindy McCain, la moglie del senatore. La tempesta lontana e insieme vicinissima, che ha costretto il Presidente Bush e la First Lady Laura a disertare il palazzo del congresso di St. Paul e parlare invece via satellite alla nazione e un parterre di delegati che stanno scappando su voli charter per tornare nei loro stati del sud minacciati, è la ennesima vendetta della realtà contro la finzione della propaganda, come fu Katrina, come sono stati l’Afghanistan e l’Iraq e come è il collasso del mercato immobiliare e della finanza allegra. La tormenta non minaccia soltanto la vita e le proprietà di milioni di americani. Minaccia di agitare l’enorme coda di paglia appesa a Bush, e ad altri amministratori pubblici locali e nazionali, dall’orrore di New Orleans 3 anni or sono. è lunga come i 1.956 chilometri che separano St. Paul, nel Minnesota, dalla città dove nacque il Vodoo portato dagli schiavi africani, un pensiero che i repubblicani superstiziosi hanno sicuramente e segretamente fatto, dove si consumò, sotto gli occhi sbigottiti di tutto il mondo, il fallimento di George W. Bush. New Orleans si vendica di Bush che la ignorò e arriva a scompigliare, crudele ironia della storia, uno stadio coperto qui a St. Paul simile a quell’Astrodome, dove 20 mila disperati attesero cinque giorni non per vedere palloncini colorati, ma per avere acqua dalla Protezione Civile, mentre Bush congratulava il suo direttore e responsabile del disastro, Brown, per «l’eccellente lavoro». Prima di essere costretto a licenziarlo nell’ignominia. Non era mai accaduto, nell’età delle Convention prodotte per la televisione, che una catastrofe naturale stravolgesse copioni e progetti e coreografie messe a punto per due anni e coreografate fino all’ultimo distintivo da appuntare all’occhiello. Ai milioni di persone che stanno fuggendo dalla costa del Golfo del Messico dove Gustav andrà sbattere, del dramma politico alla Convention dimezzata di St. Paul non potrebbe importare di meno. Ma per le gerarchie di un partito che aveva trovato nella spumeggiante signora dei ghiacciai e del petrolio, in quella governatrice dell’Alaska che sembra nata da un incrocio fra una Bibbia e un musical anni '50 tipo «Anna prendi il fucile», la coincidenza con l’uragano non potrebbe essere più devastante. I repubblicani devono far dimenticare l’inettitudine e l’insensibilità di Bush, che sorvolò la New Orleans inabissata comodamente seduto sul suo Air Force One, tornando dalle vacanze che aveva rifiutato di interrompere e ora è già volato in zona, viaggiando con tre anni di ritardo, per salvare il proprio partito. Il paradosso di questo disastro in arrivo sta nel fatto che il duo John e Sarah potrebbero usarlo per mettere ancora più distanza fra di loro e quel "morto in casa", quel presidente, che è il piombo nelle ali delle speranze di battere Barack. McCain con la signora ex sindaco di un paesino dell’Alaska che potrebbe ereditare in un battito di cuore la guida dell’America senza sapere nulla del mondo, stanno facendo tutto quello che Bush non seppe e non volle fare tre anni or sono, prodigandosi e presenziando. Il pensiero di non averlo in persona alla Convention, è una "benedizione mimetizzata", un colpo di fortuna. Gustav ruberà i teleschermi al ballo in maschera dei repubblicani, ma eviterà che il partito ora di McCain e della grande cacciatrice di renne Sarah, resti ancora impigliato in Bush e nell’ancor più detestato vice, Dick Cheney, che non metteranno piede in Minnesota. Katrina spazzò via le illusioni di una nazione sul presidente decisionista e infallibile. Gustav (e Hanna, che sta frustando la Florida) porterà via lo spettro di Bush. Peccato che ancora una volta siano migliaia di innocenti cittadini a dover pagare il prezzo di questa bonifica.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …

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