Umberto Galimberti: Un antidoto alla nostalgia

02 Febbraio 2010
"Ex..." è la radice di "Exodus", di "Exit" che vuol dire "uscita". Uscita da che cosa? Da una terra che ci aveva ospitato, da una stazione in cui eravamo approdati. "Ex" è lasciare qualcosa alle spalle, è guardare al futuro senza essere trattenuti nel passato. E questo vale per gli amanti che si sentono traditi, per i giocatori che cambiano squadra, per i politici che cambiano partito, e forse anche per gli stranieri che cambiano patria. Certo rimane la "nostalgia", una parola composta da due vocaboli greci, inventata da un laureando in medicina Johannes Hofer nel 1688, per designare quella sindrome malinconica caratterizzata dal dolore ( álgos) determinato da desiderio di ritornare ( nóstos) là dove si era. E' una sindrome molto seria, a proposito della quale la documentazione psichiatrica informa che, nei casi più gravi, può portare anche alla morte. Per difendersi da questa malinconia si è soliti mettere in atto due strategie: la vendetta o il perdono. Due strade sbagliate che non salvano il nostalgico dalla sua atroce malinconia. La vendetta, si sa, è un piatto che si serve a freddo, dopo un po' di tempo, quando capita l' occasione giusta per distruggere definitivamente chi riteniamo ci abbia fatto un torto. Questo comporta che per giorni, mesi o addirittura anni tutta la nostra psiche sia assediata da questo pensiero, attorcigliata intorno alle strategie più efficaci per vendicarsi, e in questo modo non si hanno più occhi per il presente e tantomeno per il futuro. Un arresto dello sviluppo psichico, della sua evoluzione, della sua capacità di cogliere tutte le occasioni che la vita offre per dare un nuovo corso alla nostra vita. Questa è la vendetta. Anche il perdono è una strada sbagliata perché in qualche modo assolve la colpa, la cancella, non consentendo al colpevole di operare una revisione radicale della propria vita. Un fatto, dice opportunamente la teologia medioevale, non può ritenersi non fatto, neppure Dio può far questo ( Factum infectum fieri non potest, neque Deus ). Ogni volta che sento chiedere ai parenti delle vittime se sono disposti a perdonare, provo un senso di ingiustizia. Non si può pretendere, oltre al dolore che prova la vittima, anche uno sforzo psichico qualeè richiesto per il perdono. La colpa commessa resta una colpa e tale rimane per sempre. Come si esce da un torto senza vendetta e senza perdono? Si esce ( ex...) congedandosi definitivamente dal passato, impedendo che il passato pregiudichi il futuro diventando la definizione definitiva della nostra vita. Sia Giuda, sia Pietro tradirono Gesù, con la differenza che Giuda assunse il suo passato come conclusione ultima della sua vita, e per questo si impiccò, mentre Pietro non concesse al suo passato di pregiudicare il suo futuro e così facendo divenne il primo papa. Capisco le donne, ma anche gli uomini traditi in amore. Ma l' amore si sa, è una storia a due, dove entrambi per una stagione hanno aderito agli inganni di eros. E la possibilità di essere vittime di un tradimento deve essere messa in conto nel giorno stesso in cui ci si incanta per amore, perché il tradimento appartiene all' amore come il giorno alla notte. Solo gli amanti, infatti, possono tradirsi. Ignorarlo è infantile, e dice di noi che siamo rimasti ancora in quella condizione in cui, nei primi anni della nostra vita, abbiamo sperimentato quell' amore incondizionato che è proprio delle madri e dei padri, ma mai degli amanti. Io sto con Joseph Conrad là dove dice: «Tradire. Parola grossa: che significa tradimento? Di un uomo si dice che ha tradito il paese, gli amici, l' innamorata. In realtà l' unica cosa che l' uomo può tradire è la sua coscienza». E sia la vendetta sia il perdono sono senz' altro tradimenti della coscienza.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …