Francesco Piccolo: Lavorare, non esistere e vedere la morte in faccia

12 Settembre 2002
Eccolo, tra la folla di una mattina newyorchese, che non è una folla ma un mare ondeggiante di piccolissimi esseri umani. Ce n'è uno, eccolo, quell'uomo che è facilmente riconoscibile perché non ha un volto e non ha un nome, in pratica non esiste e poi tra poco scomparirà nel nulla. Tra qualche giorno i familiari diranno che è messicano, proprio come loro, e che era lassù quella mattina, che poi sarebbe questa, ma non è dimostrabile per il semplice motivo che quest'uomo non esiste, e se era lassù oppure è scomparso oppure se lo sono inventato non ha importanza, lo capirete bene, visto che non esiste.
Eccolo, come ogni giorno l'uomo che non esiste va verso le Torri Gemelle, entra in una delle due e poi si cala nel cielo all'interno di una piattaforma e lucida i vetri, uno per uno - ma non tutti lui, sia chiaro. Quest'uomo non esiste eppure rende splendenti un buon numero di vetri di queste torri che tutti fotografano; non esiste eppure porta a casa ogni settimana un buon numero di dollari, non molti ma neanche pochi, e questi soldi significano cibo per un altro po' di persone, moglie, madre, figli, per esempio, tutte persone che forse non esistono neanche loro.
Qui, su questa torre, e sull'altra, stamattina, ce ne sono un bel po' di uomini che non esistono. Sono entrati in questo Paese come clandestini e lavorano senza contratto, senza contributi, senza apparire su nessun registro. Puliscono vetri, corridoi, scrivanie e bagni, sono di molte nazioni diverse, occupano spazio in questa nazione eppure non risultano da nessuna parte.
Tra poco, da qualche parte del cielo arriverà qualcosa a colpirlo in pieno, ma non lo sa. Non lo sa nessuno, ancora. Ma manca pochissimo. In fondo, se tendesse l'orecchio, in questo rumore di silenzio che c'è quassù, fin da ora sentirebbe che il silenzio è rotto da un ronzìo strano, come di un motore lontano che si avvicina. Sarà qualche aereo che vola un po' basso. Quassù, forse, capita di sentirlo, a volte.
Quest'uomo che non esiste conserverà con sé, insieme ad altri che stanno quassù, probabilmente, l'unica sensazione che nessuno ha potuto raccontare: e cioè stare in quella specie di balconcino dove le giornate passano specchiandosi contro il cielo di New York, e poi sentire un rumore forte, molto forte, troppo, e guardare lì nella vetrata enorme e vedere qualcosa che viene contro, anche se è di sicuro un'allucinazione, i vetri possono giocare brutti scherzi, ma il corpo reagisce con semplicità e istinto a questi scherzi, e il cervello chiede al collo di torcersi e guardare e allora lui vede quel che altre persone quassù forse vedono in tempo, e cioè un aereo gigantesco farsi più grosso, mostruoso, assordante, e puntare contro il proprio minuscolo corpo. Quell'immagine, quel terrore, quella improvvisa coscienza della morte non potrà raccontarla a nessuno. E poi la scomparsa nel nulla, in un nulla assoluto per il mondo e in un nulla concreto e insopportabile per tutti quelli che lo aspettano a casa stasera e che non potranno gridare in diretta nessun dolore, perché quest'uomo non doveva stare lassù, e quindi non c'era, anzi quest'uomo non esisteva, e quindi nemmeno tra i caduti il suo nome ci sarà; perché un uomo che non esiste, anche se muore, non può essere morto.

Francesco Piccolo

Francesco Piccolo è scrittore e sceneggiatore. Per Feltrinelli ha pubblicato Storie di primogeniti e figli unici, E se c’ero, dormivo, Il tempo imperfetto, Allegro occidentale. Per Einaudi, La separazione del …