Giorgio Bocca: Perché si usano gli eserciti

22 Aprile 2004
Come ha detto l´onorevole Romano Prodi, "questa guerra era meglio non cominciarla". E si va rafforzando l´idea che tutte le guerre sia meglio non cominciarle. Di questa guerra nell´Iraq, come di tutte le precedenti, si è detto che era necessaria e inevitabile, ma basta lasciarsele alle spalle per qualche anno le guerre necessarie e risulta all´evidenza che non lo erano affatto.
Chi può sostenere oggi la necessità di una guerra come quella del Vietnam? Si disse che c´era da contenere l´avanzata del comunismo nel Sud-est asiatico. Ma nel Vietnam c´era, da secoli, un solo comunismo di fatto: la miseria, un popolo contadino che sopravviveva ogni giorno con un pugno di riso e qualche pesce di stagno. Furono lanciate sul Vietnam migliaia di bombe, ma con le bombe non si esce dal sottosviluppo e non si arriva alla democrazia.
In Afghanistan l´assurdità della guerra ha toccato il punto più alto. Prima il comunismo di guerra sovietico ha cercato di impadronirsene, creando un regime fantoccio di collaborazionisti, poi rovesciato, dopo reciproche stragi, dai talebani o integralisti islamici aiutati dagli integralisti cristiani della Cia, in un delirante carosello in cui ci si scambiava le parti e si rovesciavano le alleanze con l´unico risultato, si direbbe, di dar lavoro a Hollywood: prima la serie dei Rambo combattenti per la libertà a fianco dei valorosi Mujeddin, poi quella dei Rambo che danno la caccia ai talebani cioè ai Mujeddin passati dalla parte del male. Rambo e Mujeddin sono ancora lì a disputarsi delle lande deserte che ogni tanto diventano ´strategiche´ non si sa bene perché.
Un milione di persone hanno perso la vita nella lunga guerra fra l´Iraq e l´Iran, morte per il petrolio che entrambi possedevano in abbondanza.
Perché si fanno le guerre? Se si assiste ai caotici dibattiti sulla guerra in corso nell´Iraq, si ha l´impressione che nessuno sappia il perché, che non sia bastato neppure il marxismo a spiegarle, neppure il capitalismo ´fondamentalista´ come lo chiama il finanziere Soros.
A volte sembra di aver colto la ragion d´essere delle guerre. Si fanno le guerre perché fra gli istinti umani c´è quello del controllo del territorio, l´ossessione della frontiera, da spostare sempre più in là per difendersi dal nemico che, se non c´è, lo si inventa.
Le guerre si fanno perché si creano dei grandi eserciti costosi, ingombranti, condizionanti che, per il solo fatto di esistere, chiedono di essere impiegati. Le guerre si fanno anche per motivi intangibili come i sogni, le favole, i miti. Ne hanno bisogno anche i propagandisti a pagamento che scrivono sulle prime pagine ´Avanti marines´: anche loro partecipano alla gloria militare delle guerre fatte fare agli altri, di solito ai poveracci.
Le guerre si fanno perché c´è sempre un nemico che oggi non c´è, ma che ci sarà in un futuro prossimo, pronto a impugnare nel colonialismo la ´zagaglia barbara´, a rinnovare la conquista islamica del mondo, a sommergerlo sotto le maree del pericolo giallo.
La serie dei pericoli virtuali per cui il più forte del momento si arma e predica la necessità della guerra si rinnova, ma è davvero eterna?
Gli Stati Uniti, il cui governo oggi è fra i sostenitori della guerra preventiva e continua, non si sono formati per eliminare una guerra fra il nord e il sud che aveva condotto il paese sull´orlo dell´autodistruzione?
E l´Europa? Fino a quando i paesi europei pensarono che la guerra fosse necessaria a regolare i rapporti fra le nazioni si passò da un massacro all´altro; ma oggi una guerra fra europei è impensabile. Le dispute isteriche e logorroiche fra pacifisti e belligeranti hanno un solo aspetto positivo: di far capire che la necessità della guerra è sempre meno dimostrabile e l´utopia della pace sempre più credibile.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …