Riccardo Staglianò: La riscossa dei recensori di libri su internet

18 Giugno 2004
Chiedete al suo postino che lavoro fa Rebecca Johnson. È lui che, in questi quattro anni, ha visto crescere la quantità di libri che le case editrici più diverse le spediscono con la speranza di destare la sua attenzione. Oggi arrivano a una media di 40-60 al mese, ma cresceranno ancora perché la trentaseienne di Yakima, nello stato di Washington, è ormai al quarto posto dell'affollata classifica dei "recensori amatoriali" di ‟Amazon”. E da ‟Random House” all'ultima vanity press dell'Ohio, nessun ufficio stampa vorrà trascurare la possibilità di ricevere qualche parola buona da questa zelante signorina tendente alla grafomania (ha 1859 schede al suo attivo).Sin dal luglio del 1995, quando aprì i battenti, la libreria online più famosa del mondo fece dell'interazione con il pubblico il suo punto di forza. Accanto alle editorial reviews mise quelle fatte dai lettori, customer reviewers la cui lista è cresciuta nelle migliaia, ma di cui solo il manipolo di testa può influire sulla fortuna o la sfortuna di un titolo. Come Rebecca, che ha cominciato per "l'intenso desiderio di aiutare gli altri a capire perché certe opere sono così meravigliose" e adesso non ha nemmeno più bisogno di aspettare che i volumi escano, perché glieli mandano in anteprima a domicilio. Come i recensori professionali, appunto. "Ognuno è un critico" titolava, nei giorni scorsi il ‟Los Angeles Times”, sottolineando come i giudizi dei lettori sul web possano spostare le vendite. Uno studio dell'università della Pennsylvania, d'altronde, spiegava già agli inizi del 2001 come i lettori online tendessero spesso a fidarsi più dei consigli dei loro pari che di quelli dei giornalisti. Molti professionisti del settore hanno da ridire, sconfinando nell'ovvietà. È il caso di Laura Miller, della ‟New York Times Book Review”: "Chiedete a un autore se preferirebbe avere una recensione positiva sul nostro giornale piuttosto che su Amazon", ribatte piccata, per subito aggiungere che, con "le riduzioni di spazio nelle pagine culturali dei giornali le case editrici sono disperatamente in cerca di recensioni, da qualsiasi parte si trovino". Una sentenza vera ma troppo sbrigativa. Perché la novità è che anche i lettori oggi, grazie alla rete, possono avere un pubblico. E la loro opinione non sarà più confinata alla cerchia ristretta degli amici ma di quella potenzialmente larghissima di chi frequenta ‟Amazon” e siti tipo ‟Readerville”, ‟Bookreporter” e ‟Allreaders”. Gli autori sono i primi a saperlo, e ne tengono conto. Al punto da arrivare a inventarsi auto-commenti positivi, come successe qualche mese fa quando un tale fu scoperto (grazie a un difetto informatico che rivelò la sua vera identità) mentre incensava la sua opera usando decine di pseudonimi diversi. Lo stesso, ovviamente, vale in negativo come sa Allison Burnett. Le vendite del suo primo romanzo Christopher erano partite bene sin quando una gragnuola di cattive recensioni ne arrestò la crescita online. Lui si lamentò con ‟Amazon”, fece notare che intere frasi utilizzate da fantomatici detrattori erano spesso identiche e i messaggi furono così rimossi. Ma il danno ormai era fatto, e il libro non decollò più. Il fatto stesso che si arrivi a falsificarli costituisce per Thomas Kunkel, presidente dell'‟American Journalism Review”, la riprova che gli autori attribuiscano a questi giudizi del valore. "L'opinione dei recensori amatoriali - spiega al ‟Los Angeles Times” - può non essere informata ed erudita come quella dei professionisti, ma come tale ha pieno diritto di cittadinanza". D'altronde di cosa si tratta se non del vecchio passaparola a volume centuplicato dall'amplificatore di internet?

Riccardo Staglianò

Riccardo Staglianò (Viareggio, 1968) è redattore della versione elettronica de "la Repubblica". Ha scritto a lungo di nuove tecnologie per il "Corriere della Sera" ed è il cofondatore della rivista …