Riccardo Staglianò.Tsunami, i sopravvissuti. “Dobbiamo nutrirli e curarli poi ritrovare le loro famiglie”

31 Dicembre 2004
È un disastro che rischia di cancellare un’intera generazione. Almeno un terzo delle vittime della furia dell’Oceano Indiano sono bambini. Che correvano abbastanza in fretta per fuggire all’acqua assassina ma erano troppo leggeri per opporsi alle sue correnti. Anche chi è sopravvissuto, però, non può dirsi ancora in salvo: in tutte le zone colpite crisi sanitarie sono in corso, colera e altre malattie possono diffondersi da un momento all’altro e sono migliaia i bimbi orfani o che non hanno idea se i loro genitori siano vivi. Un sacco di lavoro per l’Unicef, che ha bisogno di tutto l’aiuto possibile. Abbiamo chiesto quali sono le cose da fare al suo direttore generale Carol Bellamy.

In questo maremoto i bimbi hanno pagato un prezzo particolarmente alto. Cosa state facendo per aiutarli?
Almeno un terzo delle vittime, dai nostri calcoli, sono bambini, ma si tratta di una stima conservativa data l’altissima concentrazione di giovani nella popolazione. La nostra prima preoccupazione, adesso, è tenere in ogni modo in vita i sopravvissuti. Significa cose basilari: coperte, rifugi, acqua pulita. Qualsiasi cosa che serva ad evitare la diffusione di malattie. E poi dobbiamo cercare di riunirli con le loro famiglie disperse, aiutarli a trovarle.

Il vostro piano d’azione prevede varie fasi?
Certo. Per il momento stiamo agendo in tutti i paesi colpiti, tamponando l’emergenza. Avevamo già persone sul terreno e siamo stati in grado di rispondere immediatamente. Per fare qualche esempio pratico, mentre noi stiamo parlando in Sri Lanka sono già atterrati due aerei pieni di 45 tonnellate di aiuti, tra coperte e prodotti per la purificazione dell’acqua, oltre che delle cure immediate di cui i bambini hanno bisogno". E dopo l’emergenza? "Nell’arco dei prossimi tre mesi lo sforzo sarà di migliorare le condizioni di vita e riunire i bimbi con le loro famiglie. Mentre in un periodo più lungo, pur mantenendo il nostro focus sulla salute, lavoreremo su progetti più duraturi, come le vaccinazioni e la ristrutturazione delle cliniche. E poi, se non proprio scuole, ci occuperemo di rimettere in piedi ambienti di apprendimento, cercando di provvedere anche al materiale che serve per farli funzionare.

Cosa temete di più in questo momento? L’acqua stagnante, contaminata dalle inondazioni, da cui possono scoppiare malattie gravi nei confronti delle quali i bambini sono i più vulnerabili.

Sembra esserci un terribile paradosso: acqua dappertutto e nessuna da bere...
È proprio così. Il sistema idrico e quello sanitario sono quasi completamente distrutti. Abbiamo portato tonnellate di compresse per la potabilizzazione e dei grandi "palloni" d’acqua dai quali i villaggi possono rifornirsi. A Tamil Nadu, in India, abbiamo consegnato 50 cisterne: se l’acqua è contaminata i bambini sono i primi a risentirne. E poi ancora, nelle regioni meridionali, 200 mila confezioni di sali per la reidratazione, scorte mediche per 30 centri sanitari, 30 mila coperte. E lo stesso in Sri Lanka. è una lista lunga, ma ci vogliono molti soldi.

Come userete i fondi di Repubblica?
Apprezziamo molto la vostra campagna. Sarà utilizzata principalmente affinché i bimbi vengano ricongiunti con i genitori, quando ci sono, oppure con la famiglia "allargata". Significa che i nostri uomini andranno a cercare paese per paese, anche aiutati dai maestri e altre figure chiave delle comunità locali. Vogliamo a tutti i costi evitare loro il trauma di metterli in un istituto. Ma anche una volta ricongiunti, se i nuclei ricostituiti non avranno niente, forniremo loro, con il vostro aiuto, coperte, lenzuola, medicine ma anche l’indispensabile per cucinare. Il minimo per vivere, insomma, che è già un gran risultato.

Riccardo Staglianò

Riccardo Staglianò (Viareggio, 1968) è redattore della versione elettronica de "la Repubblica". Ha scritto a lungo di nuove tecnologie per il "Corriere della Sera" ed è il cofondatore della rivista …