Riccardo Staglianò: Documento Usa ammette. "Iraq ingestibile"

10 Aprile 2006
Il puzzle iracheno perde sempre più pezzi. Si rompe e fatica a ricomporsi, ogni giorno che passa, lungo nuovi confini di etnie e di sangue. Delle 18 province che costituiscono il paese la situazione di stabilità è "critica" in una, "grave" in altre sei. E il riassetto interno su base religiosa o settaria fa presagire che il peggio ha da venire. La drammatica istantanea di uno stato sull´orlo dell´implosione la dà un rapporto riservato redatto da funzionari dell´ambasciata e dell´esercito americani a Bagdad. Un documento, il primo di questo genere, che doveva fornire un quadro realistico su cosa si sarebbero trovate davanti le squadre della ricostruzione. Ma che, in mano al ‟New York Times”, sconfessa l´ottimismo istituzionale di cui continua a dare prova l´amministrazione Bush. Confermando invece le peggiori diagnosi in circolazione, come quella di ‟guerra civile” pronunciata dal viceministro degli Interni iracheno nei giorni scorsi.
Il "Provincial Stability Assessment", aggiornato alla fine di gennaio, dà pagelle analitiche a ciascuna provincia. I criteri che usa sono lo stato del governo, dell´economia e della sicurezza. E sulla loro base il giudizio è di caos "moderato" in otto altre zone, tra cui alcune sin qui ritenute tranquille come Dhi Qar, controllata dagli italiani. Mentre complessivamente "stabili" possono dirsi soltanto le tre regioni curde del nord.
La versione della Casa Bianca è radicalmente diversa. Giovedì George Bush ha ripetuto che la strategia bellica sta funzionando nonostante le violenze in aumento. Il mese scorso il vicepresidente Dick Cheney ha dato la colpa ai media: ‟C´è una sorta di percezione (negativa, ndr) creata perché ciò che fa notizia è l´autobomba a Bagdad”. Come quella che venerdì ha fatto 90 morti proprio vicino a una moschea della capitale. Un tragico esempio di ciò che il rapporto chiama "AIF", (anti-Iraq forces), i cui livelli stanno crescendo da nord a sud.
C´è chi legge il testo per il verso del bicchiere mezzo pieno. ‟Una provincia continua ad essere una grande sfida - concede il coordinatore della ricostruzione Daniel Speckhard - mentre altre vanno molto meglio”. Non Bassora, la ricca zona petrolifera, descritta come una sorta di mini-teocrazia in cui l´alcol è adesso proibito e le donne devono andare in giro velate. Né, ovviamente, Anbar, l´unica che merita il "rosso" nel codice cromatico del pericolo. Ciò che spaventa molto è il crescente potere dei partiti sciiti sponsorizzati dall´Iran. Con le milizie di Moqtada Al Sadr e Al Hakim sempre più armate. Mentre da varie zone a prevalenza sunnita si è assistito a migrazioni di massa. Abbastanza per far immaginare conflitti imminenti.
Uno scenario che inquieta gli stati arabi dell´area. Il presidente egiziano Hosni Mubarak, in un´intervista a Al Arabiya, ha parlato di ‟guerra civile” denunciando le ingerenze iraniane. Lo stesso argomento affrontato dai dirigenti delle intelligence di Egitto, Giordania, Arabia Saudita e vari altri paesi in incontri segreti nei giorni scorsi. Mentre il tabù è stato rotto per la prima volta anche da un membro in carica del governo iracheno: ‟Siamo in guerra civile da un anno” ha detto a Bbc Hussein Ali Kamal, numero due degli Interni. Ripetendo la formula usata dall´ex premier Iyad Allawi un mese fa. E sorpassando di poco la sostanza del rapporto americano.

Riccardo Staglianò

Riccardo Staglianò (Viareggio, 1968) è redattore della versione elettronica de "la Repubblica". Ha scritto a lungo di nuove tecnologie per il "Corriere della Sera" ed è il cofondatore della rivista …