Paolo Di Stefano: Giro d’Italia. Bartali. “Io, papà e quella richiesta di Pio XII”

09 Maggio 2006
Non ha il naso triste di suo padre, ma l’espressione è quella, compresi gli occhi allegri da italiano in gita. ‟Mi dicono che assomiglio sempre più a lui”, dice Andrea Bartali, 65 anni, consulente smaltimento rifiuti vicino alla pensione e testimonial, con Faustino Coppi, di questo Giro. Deve essere dura vivere all’ombra di un padre che si chiama Gino Bartali. Statura più bassa, camminata larga da contadino. Deve essere dura: ‟Ma no, è stata una fortuna e una sfortuna: sfortuna perché a 8 anni sono finito in un collegio di scolopi, e mio padre fino a 16 anni l’ho visto poco. Era un incubo, i professori divisi tra coppiani e bartaliani e io che finivo sempre interrogato. Un incubo”. E la fortuna? ‟Fortuna perché appena sono uscito dal collegio, lui aveva finito di correre e si è ritrovato non un figlio ma un fratello minore. Quando incontri dei personaggi del genere... se non li capisci ti schiacciano. In collegio si cresce alla svelta e io mio padre l’ho capito subito, altroché”. Ripercorrere la vita di una leggenda non è uno scherzo. E dalla leggenda si sconfina nella storia quando Andrea racconta le confidenze di suo padre. Per esempio, questa: ‟Nel ‘48 fu contattato da Pio XII e dai suoi diplomatici perché si presentasse alle elezioni tra i democristiani. Gli dissero: Gino, ormai hai 34 anni, come sportivo stai invecchiando, noi ti vorremmo con la Dc, avrai il nostro appoggio e tu non dovrai fare niente, né comizi né altro. Ogni tanto puoi andare a parlare di sport ai giovani, tutto qua”. Bartali ci pensò: ‟Rispose: sono cattolico, dire di no al Papa è come dire no al Padreterno, ma devo rifiutare per rispetto dei miei tifosi: una parte sarebbe contenta, ma gli altri, che hanno creduto in me?”. Montanelli un giorno incontrò Andrea: ‟Mi disse: non è vero che tuo padre vincendo il Tour ha salvato l’Italia dalla rivoluzione dopo l’attentato a Togliatti, ma certo ha gettato secchiate d’acqua fredda sulle teste calde degli italiani”. Affiorano anche i ricordi privati. Il rimorso per il fratello Giulio, morto ventenne in bicicletta: ‟Un incidente stupido, una macchina che aprì la portiera e lo scaraventò sulla strada. Aveva preso la passione della bicicletta da papà, che non riuscì a perdonarsela. Una vera tragedia”. Affiora il conflitto con Coppi. La foto della borraccia nel Tour ‘52. Nelle confessioni della vecchiaia, Gino raccontò al figlio maggiore la sua verità: ‟Al Tour tra gli italiani l’accordo era di aiutare la maglia gialla. Tutti gli altri erano gregari. La maglia gialla era Coppi, dunque...”. Bottiglia o borraccia? ‟Bottiglia. La passò a papà una donna che stava sul ciglio della strada, nell’afferrarla mio padre rischiò di cascare per il peso e Coppi cercò di scappare via. Papà si incazzò, ma andò ugualmente a raggiungerlo per passargli l’acqua. È andata così”. Andrea non avrà il naso triste di Gino. Ma gli occhi lucidi sì. Quando ricorda di aver messo ai piedi di suo padre i calzini, sul letto di morte: ‟Aveva sempre freddo ai piedi e mi sembrò un gesto d’amore, anche se lui voleva solo la mantella dei carmelitani...”.

Paolo Di Stefano

Paolo Di Stefano, nato ad Avola (Siracusa) nel 1956, giornalista e scrittore, già responsabile della pagina culturale del “Corriere della Sera”, dove attualmente è inviato speciale, ha lavorato anche per …