Marco D'Eramo: La Gatta nel Perù che scotta

19 Giugno 2006
La settimana scorsa l'Europa si chiedeva se i peruviani avrebbero eletto Alan Garcìa od Ollanta Humala nel secondo turno presidenziale, ma nelle cevicherias si parlava solo de ‟La Gata”. Così è chiamato infatti Johnny Martín Vásquez Carty, considerato il più pericoloso sequestratore del paese, arrestato dalla polizia il 31 maggio mentre mangiava appunto ceviche ne ‟La Terrazza”, un ristorante turistico di Tumbes, cittadina costiera all'estremo nord del paese, al confine con l'Ecuador.
Quel che rende emblematico La Gata non è il soprannome: la sua fisionomia tracagnotta, bovina e pelata è tutt'altro che felina. È la sua storia: il più pericoloso sequestratore del Perù è infatti un ex capitano della squadra antisequestri della polizia peruviana.

Cronologia confusa
La ricostruzione della sua vita è complicata perché la cronologia è confusa e le versioni date dalla stampa si contraddicono, ma può essere ripercorsa a grandi linee. Negli anni '80 Vásquez Carty fece una rapida carriera nelle forze dell'ordine. Secondo alcune versioni passò dall'altra parte della barricata alla fine degli anni '80 quando era tenente e prestava servizio nel Huànuco (regione della Selva central): lì per la prima volta avrebbe rubato alla polizia due chili di cocaina e armi che avrebbe poi affittato a briganti stradali (ancora oggi in Perù alcune strade sono insicure perché i passatori fermano gli autobus e rapinano tutti i passeggeri).
Secondo un'altra versione, nel 1990 avrebbe subito una delusione amorosa: la sua fidanzata l'avrebbe lasciato per mettersi con un altro agente di polizia, e avrebbe acuito così il suo livore contro i propri colleghi.
Sicuro è che in quell'anno fu affidato al penitenziario di Lurigancho, il più affollato carcere del paese, situato nel popoloso distretto (più di un milione di abitanti) di San Juan de Lurigancho, nella periferia di Lima. Qui Johnny Vásquez fece conoscenza con esponenti delle principali gang del paese: Los Destructores, Los Injertos, Los Sanguinarios de Surquillo (altro distretto della periferia di Lima), Los Norteños. Diventò così amico di Manuel Francia Pesaque, detto ‟Negro Francia” (pare che senza un soprannome non si possa entrare nella malavita peruviana), dell'ex poliziotto Milton Carlos Romani Naveda, detto ‟Cholo Romani” (cholo designa un indio e la sua connotazione, dall'amichevole al negativo - sinonimo di buzzurro - dipende dal contesto) attualmente evaso.
Ma soprattutto Johnny Vásquez si legò a José Luis Loayza Ramírez, alias ‟Renca” (sciancata), ex boss dei Destructores di cui divenne genero sposandone una figlia (ma ora Johnny Vásquez sembra avere un'altra moglie). Renca fu liberato a colpi di mitragliatore dall'infermeria del carcere nel 1995, quando i membri della sua gang entrarono travestiti da infermieri. Fu ricatturato nel luglio 2001 quando con la sua banda tentò di assaltare un furgone blindato che trasportava 4 milioni di soles (circa un milione di euro) caricati dal Banco della Nazione a Satipo (sulle pendici delle Ande al limitare della giungla amazzonica, nel sud del paese).

Amicizie troppo strette
Le amicizie di Johnny Vásquez dovettero essere troppo strette se nel febbraio del 1991 fu espulso dalla polizia, divenne La Gata e si diede a dirigere la sua banda compiendo numerosi sequestri e rapine finché il 9 febbraio 1995, con 16 complici, assaltò un'agenzia del banco Wiese y Continental, dove uccise tre poliziotti. La Gata e altri tre rapinatori furono catturati.
E qui comincia un'altra storia esemplare che riguarda il potere giudiziario peruviano. Al processo infatti l'accusa chiese 20 anni per gli altri rapinatori e il doppio per La Gata, in base a un articolo che raddoppia la pena se a commettere i delitti sono poliziotti. Però il giudice lo condannò a soli 20 anni e basta perché da tempo non era più poliziotto.
Nell'aprile del 1997 fu trasferito nel penitenziario di Challapalca dove fu detenuto insieme a condannati che sarebbero poi divenuti suoi luogotenenti e che un articolo di El Commercio indica solo con i soprannomi: ‟Cholo Victor”, ‟Pirata”, ‟Cojo (zoppo) Mame”, ‟Hulk” e ‟Cerebrito”. Gli ultimi tre soprannomi li incontreremo di nuovo.
L'11 giugno del 2002, dopo che aveva scontato un terzo della pena, La Gata fu posto in semilibertà dal primo giudice di Pisco per buona condotta. Subito riprese l'attività di sequestri. Fu di nuovo catturato il 10 novembre del 2004 e trasferito al carcere di Lurigancho, questa volta non da poliziotto ma da detenuto, insieme ad altri tra i più ricercati del Perù, ‟Momon”, ‟Negro Pincho” e ‟Panéton”. Ma nel giugno 2005 il giudice Wilbert Sánchez Vera, titolare della 28-esima sezione penale di Wilma, lo liberò per insufficienza di prove. Attualmente questo giudice è sotto inchiesta per aver liberato anche altri pregiudicati come Pedro Bobadilla detto ‟Cholo Pedro”, Mamerto Florian detto ‟Cojo Mame”. Il giudice era stato molto pignolo perché aveva ordinato la scarcerazione non solo di Johnny Vásquez Carty, ma anche di altri tre nomi (le altre tre identità con cui Vasquez era schedato nel casellario giudiziario), dimenticando però la quinta identità, quella di Johnny Rodriguez Barreto, negligenza che costrinse La Gata a restare qualche giorno in più in prigione perché il solerte giudice potesse ovviare alla dimenticanza.
Di nuovo in libertà, La Gata riprese la sua attività. Alla fine gli si attribuiscono da minimo di 11 a un massimo di 18 sequestri; di sicuro quelli di Luisa Lizaguerra, degli impresari Jorge Pasos Holder e Diego Farah Jarufe, dei cittadini spagnoli Ramon Ostaichea Arrarte e Andrés Gude Ganozales, della giovane impresaria Karim Gamarra Zelarayán e della coppia formata da César Benavides Elías e Cinthya Cánepa Ljubick. La Gata si sentiva intoccabile, suscitava timore tra i suoi ex colleghi cui aveva promesso di ‟portarsene almeno quattro all'inferno con sé” se avessero cercato di arrestarlo.

Il cerchio si stringe
Ma, come dicono i cronisti di giudiziaria, il cerchio si strinse intorno alla Gata il 21 maggio scorso, quando la polizia arrestò il suo luogotenente, Joseph Fernandez Aviléz Arnao, detto ‟Hulk” che aveva ereditato questo soprannome dallo zio Nicanor Valentín Arnao che era stato compagno di carcere della Gata negli anni '90. Il 24 maggio la polizia arrestò un altro membro della banda, Alen Raúl Centeno Roberto di 42 anni, detto Chanchito (maialino).
Perfino il finale (temporaneo) di questo storia trash sembra degno di un romanzaccio poliziesco di quart'ordine. Il 31 maggio la Gata si trova a Tumbes con due coppie di ecuadoregni e una peruviana di 20 anni cui pare La Gata tenga particolarmente. Che ci fa però al confine con l'Ecuador? Secondo le prime notizie, sta cercando di varcare la frontiera dopo l'arresto dei suoi aiutanti. Versioni successive dicono invece che no: sta tornando dall'Ecuador dove si è fatto trapiantare i capelli ed è in attesa sia della seconda moglie Isabel Margarita con i suoi tre figli, sia che i capelli trapiantati gli crescano, per poter fuggire negli Stati uniti con un passaporto falso e una nuova identità. Fatto sta che quando i poliziotti lo circondano è disarmato (neanche nella sua auto ci sono armi), si arrende, confessa subito alcuni dei sequestri e apparentemente ‟vende” altri suoi complici. Infatti l'8 giugno viene arrestato César Augusto Mujica Cruzado, luogotenente de La Gata in tutti i sensi visto che anche egli (sorpresa!) è un ex poliziotto, tenente.
Così finisce, almeno per ora, la storia di Johnny Vásquez Carty: che ha il merito di illuminarci sui rapporti tra potere giudiziario, polizia e malavita quali si delineano perlomeno in Perù. Nei giorni scorsi la stampa riportava altri episodi: l'ispettorato del ministero di giustizia ha messo sotto inchiesta 32 giudici della sola regione di Lambayeque per varie irregolarità (corruzione, abuso di atti d'ufficio, interesse privato...). La giudice Yolanda Gallegos Canales della 22esima sezione penale di Lima ha concesso la libertà a Luis Pajuelo Uscumayta, detto ‟Cerebrito” (che era stato capo della banda dei Destructores e aveva poi formato quella de Los Injertos) per aver già scontato i sette anni inflittigli per furto aggravato, nonostante Pajuelo fosse stato condannato ad altri venticinque anni per sequestro.

Meno garantisti con Sendero
Va detto che con i detenuti politici e i particolare con i membri di Sendero Luminoso i giudici sono assai meno garantisti nel concedere libertà o semilibertà.
Altrettanto, se non di più, si può dire della polizia peruviana. Non passa giorno che non si legga di un suo agente (o ex) implicato nella malavita dai reati più gravi alle estorsioni più sordide. Poliziotti sorpresi a trafficare in carbone, si legge un giorno. Oppure: l'ispettorato di Chiclayo scopre che 200 motoveicoli hanno targhe e assicurazioni contraffatte e che la stragrande maggioranza appartiene a poliziotti in servizio. Si capisce come mai la guida ‟Lonely Planet" del Perù scrive, nel capitolo sui pericoli in cui si può incorrere nel paese: ‟Non salite mai in macchina con questi 'poliziotti', ma insistete per andare a una centrale di polizia a piedi. State attenti ai falsi poliziotti o agli agenti corrotti che cercano di depredare i turisti”.
In quest'ottica acquista tutta un'altra luce il gigantesco slogan che l'anno scorso ho visto istoriato sulla facciata di un commissariato di polizia di Peva, paesetto alla confluenza del Rio delle Amazzoni vicino al confine con la Colombia: ‟El policía peruano, pronto a servir, listo a morir” (pronto a servire, disposto a morire).
PS. Il Perù è un caso parossistico, però anche in un paese avanzato come gli Stati uniti i problemi della polizia - mele marce, schegge impazzite, corruzione - sono riportati dalla stampa molto spesso: un libro sulla notoriamente corrotta polizia di Chicago fa il verso al motto delle forze dell'ordine (‟To serve and protect”) trasformandolo in un più realistico ‟To Serve and Collect”. In altri paesi come l'Italia, invece, questo tipo di denunce è molto più insolito (come caso clamoroso viene in mente solo quello dell'A1 bianca): c'è da chiedersi se per maggior virtù o per più discrezione.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …