Vanna Vannuccini: L’Iran. Israele come Hitler

20 Luglio 2006
Alla preghiera del venerdì, ieri all’università di Teheran, non si potevano avere dubbi a chi andassero le simpatie degli astanti, che esibivano tutti le insegne degli Hezbollah libanese, un gagliardetto giallo con su stampato il nome dell’organizzazione e un kalashnikov, e issavano ritratti di Hassan Nasrallah, che a Teheran viene spesso e ha molti amici. Tuttavia l’ayatollah Alimi, che pronunciava la preghiera, ha respinto con indignazione ogni coinvolgimento della Repubblica islamica nelle operazioni degli Hezbollah, e ha smentito che i due soldati israeliani rapiti in Libano siano nascosti in Iran come accusa Israele. ‟E’una bugia” ha detto. ‟Palestinesi e libanesi hanno tutte le nostre simpatie ma l’Iran non ha nulla a che fare con la crisi libanese”. Dopo la preghiera qualche centinaio di basiji sono sfilati davanti all’università portando cartelli di protesta contro Israele che ‟per un paio di soldati israeliani ammazza centinaia di libanesi”. Ad eccezione di questa piccola manifestazione, la guerra in Libano per gli iraniani è ancora una crisi che non desta grandi emozioni. Gli iraniani guardano ormai il mondo attraverso una coltre di depressione i cui ingredienti sono la repressione politica, le speranze deluse, la sfiducia e la paura generali, e la lotta quotidiana per la sopravvivenza. In più, come nei paesi arabi, la percezione generale è che palestinesi e libanesi agiscano comunque per legittima difesa. Dicono per esempio che il tank israeliano distrutto dagli Hezbollah aveva oltrepassato il confine e si trovava su territorio libanese. E’sempre più difficile individuare voci critiche, anche tra i riformatori. Pochi sono disposti a dare il loro giudizio sul ruolo dell’Iran nella crisi libanese. Tutti concordano però che ‟Teheran sostiene moralmente e materialmente gli Hezbollah” e che l’inasprimento della crisi da parte di Israele giova agli ultrà di Hamas e Hezbollah, Khaled Meshal e Hassan Nasrallah, che possono così radicalizzare la politica araba e ‟obbligare i moderati a prendere sempre più le distanze da Israele”. Che è poi la politica del presidente iraniano Ahmadinejad, il quale ha minacciato nei giorni scorsi Israele e l’Occidente di ‟tirarsi addosso la rabbia del mondo islamico”. E oggi ha rincarato la dose affermando che Israele ‟usa metodi che ricordano quelli di Hitler”. ‟Quando Hitler voleva lanciare un attacco s’inventava un pretesto - ha detto in un discorso a Teheran; i sionisti sostengono di essere vittime di Hitler ma in realtà sono fatti della stessa pasta”. Ahmadinejad ha ribadito che ‟restano solo due opzioni: mandar via dalla regione coloro che hanno dato vita a questo regime, oppure concedere al popolo palestinese la possibilità di decidere il proprio futuro politico”. Dice Said Leylaz, ex vice ministro dell’Interno con Khatami ed ex manager della Khodro Diesel, ora privato da Ahmadinejad di tutte le sue cariche: ‟Se Israele dovesse attaccare anche la Siria, l’Iran rischia di venire coinvolto nella crisi visto che Ahmadinejad ha offerto collaborazione a Damasco”. Secondo Leylaz l’Iran, pur avendo influenza sugli Hezbollah, ‟non può né aver creato né può fermare la crisi attuale”. Shams Solvaezin, che otto anni fa fondò il primo giornale riformatore iraniano, è convinto che l’obbiettivo di Israele in Libano sia soprattutto l’Iran. ‟Ma l’Iran può influire sugli Hezbollah e se gli Usa entrassero in un negoziato con Teheran, la Repubblica islamica potrebbe contribuire a ripristinare in Libano una situazione meno incandescente di quella attuale”.

Vanna Vannuccini

Vanna Vannuccini è inviata de “la Repubblica”, di cui è stata corrispondente dalla Germania negli anni della caduta del Muro. Ha seguito le Guerre balcaniche, lavorato in diversi paesi e, …