Enrico Franceschini: "Il dottor Livingstone, suppongo" è un falso

05 Febbraio 2007
È una delle battute più celebri nell’epopea delle esplorazioni, entrata nel linguaggio comune alla stregua di un motto proverbiale, diventata il simbolo dell’imperturbabilità e dell’eccentricità britannica. ‟Il dottor Livingstone, suppongo”, disse nel 1871 Henry Stanley, incontrando in uno sperduto avamposto dell’odierna Tanzania il missionario David Livingstone, colui che cinque anni prima era stato il primo europeo ad avvistare le cascate Vittoria e che poi, ripartito per scoprire la sorgente del Nilo, era misteriosamente scomparso nel nulla. L’idea che un uomo bianco, nell’imbattersi in un altro uomo bianco nel cuore dell’Africa nera, gli si rivolgesse con la stessa formalità di un incontro sulla porta di un club per gentiluomini di Pall Mall, è sempre apparsa straordinariamente inglese e leggermente comica. Peccato che, secondo nuove prove emerse a Londra, quella frase non sia mai stata realmente pronunciata. Stanley se la sarebbe inventata di sana pianta, nello scrivere il resoconto della sua impresa per il ‟New York Herald”, il quotidiano americano che gli aveva dato l’incarico di provare a ritrovare Livingstone.
A scoprire l’imbroglio è stato Tim Jeal, già autore di una biografia di Livingstone, che ora ne ha scritta una anche su Stanley, "L’incredibile vita del più grande esploratore africano". Pur riconoscendo il suo contributo all’epoca della grandi esplorazioni, il libro rivela che Stanley falsificò non pochi dettagli delle sue mirabolanti avventure, incluso il suo nome (che era John Rowlands), un’abitudine che finì per influire anche l’exploit che lo rese famoso. Grazie a un accesso senza precedenti agli archivi personali dell’esploratore, Jeal ha scoperto che in una primo resoconto del mitico incontro, Stanley scrisse di avere intravisto ‟un pallido uomo bianco con un berretto blu”: dopodiché le due pagine successive del suo diario risultano strappate, come se qualcuno avesse voluto cancellare le tracce di quello che era stato veramente detto. In un precedente appunto, inoltre, l’esploratore ammise di essere rimasto favorevolmente colpito dalla storiella di due gentiluomini inglesi che, incontrandosi per caso nel deserto, si salutavano soltanto con un cortese cenno del capo. Infine c’è la testimonianza di Livingstone, secondo il quale fu un suo servitore a segnalare l’arrivo di Stanley, gridando: ‟Signore, sta arrivando un altro inglese”. Frase che difficilmente avrebbe soddisfatto il New York Herald e certamente non sarebbe passata alla storia.

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …